mercoledì 8 aprile 2020

Tutto (o quasi) quello che vorreste sapere su mieloproliferative e Covid -19

Pubblichiamo un articolo segnalato da ematologi con informazioni utili per i  pazienti MPN

ASH ha pubblicato in data 30/03/2020 un documento di FAQ, “risposte a domande frequenti” per la gestione di pazienti con MPN; non si tratta né di raccomandazioni né tanto meno di linee guida, ma di riflessioni di un gruppo di esperti composto da Ruben Mesa (San Antonio, Texas), Alberto-Alvarez Larran (Barcellona, Spagna), Tiziano Barbui (Bergamo, Italia), Claire Harrison (Londra, UK), Jean-Jacques Kiladjian (Parigi, Francia), Alessandro Rambaldi (Bergamo, Italia), Ayalew Tefferi (Rochester, Minnesota), Alessandro M Vannucchi (Firenze, Italia), Srdan Verstovsek (Houston, Texas). Pertanto, queste potranno essere aggiornate di volta in volta che le informazioni su questa malattia cambieranno.

I pazienti con MPN sono più suscettibili all’infezione da SARS-Cov-2, il virus che causa la malattia nota come COVID-19? 
Non vi sono attualmente evidenze in tal senso, sebbene sia possibile, in linea teorica, che i pazienti con mielofibrosi (MF) a rischio più elevato e/o in trattamento con JAK inibitori, e in generale i soggetti con MPN con comorbidità sistemica (come peraltro nella popolazione generale), possano essere a rischio maggiore di contrarre l’infezione o di avere un decorso più complicato.


Come ci si deve comportare con la terapia citoriduttiva?
Al momento non vi è alcuna indicazione che i farmaci comunemente utilizzati non immunosoppressori (quali idrossiurea, anagrelide, interferone) aumentino il rischio di contrarre l’infezione o ne peggiorino l’eventuale decorso, dunque i pazienti in terapia dovrebbero continuarla senza modifiche. I pazienti con policitemia vera (PV) possono ridurre temporaneamente la frequenza dei salassi, onde evitare i rischi potenziali connessi con gli ambienti pubblici/ospedalieri, se non hanno sintomi, tollerando quindi un valore di ematocrito superiore alla soglia convenzionale del 45%; si consiglia, se possibile, di aumentare l’apporto di liquidi.

Come ci si deve comportare con i farmaci inibitori di JAK? (In Italia, al momento, solo ruxolitinib). Non vi sono dati attualmente che indichino che gli inibitori di JAK possano facilitare e/o aggravare la malattia COVID-19, e anzi potrebbero rappresentare una terapia nelle fasi precoci della malattia (ci sono alcune sperimentazioni in atto). Sotto molti punti di vista, la cessazione della terapia potrebbe avere effetti indesiderati anche gravi, e comunque deve essere effettuata gradualmente. Pertanto, si suggerisce che, in assenza di altre motivazioni, i pazienti che stanno assumendo inibitori di JAK continuino a farlo. Si suggerisce, valutando caso per caso, di ritardare l’inizio della terapia con JAK inibitori, a meno che non vi siano ragioni di urgenza, a quando il picco della pandemia si sia risolto.

Come comportarsi con un paziente che ha ricevuto diagnosi recente di MPN?
Per i pazienti con diagnosi recente di PV, si suggerisce di iniziare salassi con un valore di ematocrito meno stringente, al 48-50%, assieme ad aspirina. Per quanto riguarda l’inizio della terapia citoriduttiva -il che vale anche per il paziente con diagnosi recente di trombocitemia essenziale (ET) – vanno valutati pro e contra della possibile dilazione dell’inizio di questa stessa, in relazione alle manifestazioni cliniche e ai fattori di rischio, sempre con l’intento di evitare possibili esposizioni in relazione alle visite ed esami ematochimici di monitoraggio. Per i pazienti con diagnosi recente di MF, stabilita la classe di rischio, si devono valutare pro e contra della possibile dilazione dell’inizio del trattamento con citoriduttori e inibitori di JAK, mentre va assicurata la terapia di supporto ove necessario. E’ consigliabile, previa valutazione caso per caso, rimandare l’eventuale procedura trapiantologica ad un momento in cui i rischi di COVID-19 siano ridotti.

Come comportarsi con la terapia per la MPN in un paziente che ha sviluppato l’infezione del COVID-19? Sulla base delle informazioni attualmente disponibili, non è indicato modificare la terapia in corso, se non in caso di interazioni farmacologiche con la terapia antivirale o altra necessaria per gestire le manifestazioni da COVID-19. Questo vale in particolare per il dosaggio di ruxolitinib in pazienti che ricevono lopinavir/ritonavir, mentre è sconsigliato sospendere bruscamente il farmaco per la possibile insorgenza e/o peggioramento di una sindrome da rilascio citochinico. Non si prevede necessità di aggiustare la terapia con idrossiurea, interferone, anagrelide.
È necessario modificare la terapia anticoagulante e/o con altri farmaci antitrombotici in pazienti con MPN che ricevono terapia antiretrovirale per l’infezione del COVID-19?
Si suggerisce di sospendere la terapia anticoagulante passando alla eparina a basso peso molecolare, mentre chi assumeva aspirina può continuare il trattamento senza modifiche. La combinazione di eparina e aspirina comporta rischi di sanguinamento che vanno valutati caso per caso, anche considerando che in corso di COVID-19 si può sviluppare una piastrinopenia. Si raccomanda di effettuare frequenti controlli dei parametri coagulativi e dell’emocromo per eventuali successivi aggiustamenti della terapia in corso.
Alessandro M.Vannucchi
Fonte: https://www.hematology.org/covid-19/covid-19-and-myeloproliferative-neoplasms
I
CRIMM; Centro Ricerca e Innovazione delle Malattie Mieloproliferative, AOU Careggi, Università degli Studi, Firenze Professore associato di Ematologia, past Director della Scuola di Specialità in Ematologia e membro del Board del Dottorato in Oncologia Clinica e Sperimentale all'Università di Firenze.

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